L’estate è alle porte, il virus che per troppo tempo ci ha impedito di godere dei più semplici piaceri della vita sembra quasi sconfitto, ma la realtà in cui stiamo vivendo è ancora tutt’altro che piacevole; con una guerra di portata globale in corso e alta tensione politica in molte parti del mondo, l’economia continua a mostrare significativi cedimenti, anche nella filiera ittica.
Tra i settori più colpiti, spicca per criticità quello agroalimentare, nel quale la severità delle circostanze attuali è resa tangibile anche alle persone comuni, la cui vita quotidiana viene pesantemente ed inevitabilmente sconvolta. Molti degli alimenti che si era soliti acquistare a prezzi contenuti, infatti, oggi presentano dei prezzi più elevati, di fronte ai quali buona parte dei consumatori è ora costretta a soffermarsi per valutare se si possa ancora concedere un tale “lusso”. Ciò che stupisce è che, questi prodotti, non sono altro che quelli che fino a poco tempo fa venivano acquistati abitualmente, senza prestare attenzione al prezzo: si parla di olio di semi, vegetali freschi, farina, pasta e molti altri, che non mancano mai nelle nostre dispense.
I dati ISTAT
Analizzando i dati Istat, l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica degli alimenti il cui prezzo, già a partire dallo scorso anno, era aumentato significativamente, nella quale compaiono in testa – appena sotto ai gradini del podio – vi è la filiera ittica, proprio i frutti di mare, freschi o refrigerati (al quinto posto, con un aumento del 8,4%) ed il pesce fresco o refrigerato (all’ottavo posto, il cui prezzo è aumentato del 5,1%). A causa del conflitto con la Russia, potenza detentrice di importanti risorse quali gas na
turale e grano, entrambe essenziali per la vita quotidiana, i prezzi sono saliti ulteriormente; il rincaro dei prodotti è quindi una diretta conseguenza della crescente difficolt
à di reperire di queste risorse e, in particolare per il caso dei prodotti ittici, dell’aumento dei costi di trasporto e di approvvigionamento energetico. Inoltre, in molti casi, la guerra ha portato alla sospensione dell’attività di pesca, considerata pericolosa in alcune zone di mare.
Allarme Federpesca
Tra le denunce sporte dalle associazioni rappresentative dei settori agroalimentari, l’allarme lanciato a maggio da Federpesca, la federazione italiana che raggruppa e tutela le imprese della filiera ittica, ha fatto particolarmente rumore. la crescita del prezzo del gasolio, infatti, sta compromettendo l’attività di numerosi porti italiani e sta mettendo a dura prova la capacità di molte aziende della filiera ittica (tanto quelle dedite alla pesca, quanto quelle dell’acquacoltura e della lavorazione dei prodotti di mare) di far fronte ad una situazione già critica, che non accenna a migliorare.
L’associazione ha di recente dichiarato la gravità del problema affermando che le imprese <<sono ormai allo stremo>> e che se gli aiuti economici dallo Stato tarderanno ulteriormente ad arrivare, vi saranno conseguenze drammatiche per la loro sopravvivenza nel mercato.
A marzo, infatti, un decreto aveva introdotto una serie misure a sostegno dell’intera filiera ittica, ma ad oggi i contributi non sono mai stati erogati: erano stati previsti crediti fiscali, somme significative provenienti dal “fondo filiere” ed infine era stato promesso alle imprese della filiera l’attivazione della cassa integrazione; questi provvedimenti governativi, però sono ancora in trepidante attesa di essere effettivamente messi in atto.
La preoccupazione cresce tra le marinerie italiane, prima ancora che tra i consumatori, che saranno le ultime vittime di questo circolo vizioso innescato dalla guerra in Ucraina e da una crisi a livello internazionale. Segnali positivi provengono invece dalla Commissione Europea, che a marzo – e nuovamente ad aprile – ha promosso delle nuove misure per la filiera ittica: il sostegno di pesca ed acquacoltura, ovvero la compensazione finanziaria per lo stoccaggio dei prodotti, per l’interruzione temporanea dell’attività in mare, per la mancata rendita e per tutti i costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese coinvolte.
Tali risorse finanziarie erano state previste dalla legislazione europea per il ciclo 2014-2020 nel fondo EU per gli affari marittimi e la pesca ma, come ha dichiarato il Commissario EU per l’Ambiente, gli Oceani e la Pesca Sinkevičius, molte di queste erano rimaste inutilizzate, perciò è stato proposto di riassegnarle, mediante una modifica legislativa, alle imprese che stanno soffrendo l’impatto socio-economico della crisi. Trattandosi di una proposta di modifica della legge europea, essa dovrà essere approvata in Parlamento europeo, prima di poter entrare in vigore a tutti gli effetti.
Lo scenario
Lo scenario si aggrava, però, se si pensa all’economia di mercato come una realtà interconnessa, in cui i fenomeni interni ad una filiera incidono più o meno direttamente anche su altri settori. È il caso degli effetti economici della guerra contro la Russia, che si ripercuotono, più che mai nel nostro Paese, anche sul turismo, sulla cultura e sulla ristorazione. Ricostruire i nessi non è facile, ma si può facilmente immaginare come, a partire dall’incremento dei prezzi dei beni primari e dalla conseguente riduzione dei consumi delle famiglie italiane, il turismo e la ristorazione ne risentono inesorabilmente. Sacrificare le spese “non essenziali” significa per molti rinunciare ai viaggi, ai musei, ai ristoranti, proprio come dichiarano di aver fatto il 60% degli intervistati dall’agenzia di informazione italiana ANSA.
Per quanto riguarda il settore ristorazione, i suoi attori non devono soltanto fare i conti con il rincaro dei prodotti alimentari della filiera ittica (nessuno escluso, pasta, pane, frutta, verdure, carne e… pesce), dell’energia necessaria per condurre l’attività ristorativa e del costo dei fornitori, ma devono scontrarsi anche con un minor afflusso di clienti. Ciò va a sommarsi alla già alta sofferenza del settore, reduce da 2 anni di chiusure e restrizioni per la pandemia da Covid-19.
Nel resto del mondo i Paesi stanno facendo i conti con questioni analoghe e, talvolta, ben peggiori; l’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e l’interruzione della fornitura di quelli provenienti da Russia e Ucraina hanno reso la minaccia di carenza di cibo una realtà concreta per molti Paesi del Medio Oriente, Africa e Asia (oltre all’ormai devastata Ucraina), dove le persone non possono nemmeno contare sulla certezza di avere una pagnotta da mangiare, per non parlare di un filetto di pesce al tavolo di un ristorante, e dove i governi non stanno reagendo tanto prontamente come nei Paesi più avanzati dell’Europa, come l’Italia.
Tornando al contesto italiano, sapere che le autorità stanno prendendo provvedimenti per alleviare il duro colpo sferrato all’economia dalla guerra è già un modesto conforto, che nutre di speranza il desiderio che, con interventi mirati e tempestivi, coloro che maggiormente sono in una posizione di svantaggio vengano aiutati per primi e che si possa fronteggiare anche l’ostacolo della crisi economica.
Com’è stato detto, a risentire di tale situazione riguardante la filiera ittica, non sono soltanto i consumatori, che Q-Eat si impegna a tutelare, ma anche i ristoratori, congeniti alleati di Q-Eat, che per far fede alla promessa di garantire ai propri clienti alti livelli qualitativi, sono tenuti a sostenere costi sempre più elevati per l’acquisto di grandi quantità di cibo, che da più o meno tempo servono con passione al vostro tavolo.
Se, tuttavia, la nostra presenza ed impegno non può giocare un ruolo significativo nella dimensione nazionale nell’intento di rendere il quadro meno spigoloso almeno per i consumatori italiani, ci proponiamo di affiancare i nostri ristoranti partner per assicurare a tutti voi un prodotto di altissima qualità, ed accompagnarvi nella scelta del ristorante più vicino e che offra il taglio di pesce fresco che più gradite, affinché possiate godervi le prelibatezze del mare, nel ristorante migliore, nelle occasioni più importanti che, anche in queste circostanze difficoltose, non devono mancare di essere celebrate.