Cos’è il Sakè: storia e tradizioni della bevanda giapponese
Fra sushi, sashimi e uramaki la cucina guarda sempre più al mondo intero, alle tradizioni diverse dalle nostre e ad una cultura culinaria più ampia. Ma cosa succede quando si parla di bere? Birre artigianali tedesche e belghe, vini francesi e cocktail senza frontiere, ma quando si parla di cultura nipponica? Mille volte avrete sentito parlare del Sakè, la bevanda alcolica più famosa del Giappone, ma sapete davvero da dove nasce e quali sono le tradizione legate a questo singolare tipo di vino?
Nell’VIII secolo, ci si riferiva a questa bevanda con il termine kushiki (in cinese 奇 e in giapponese しき ), che letteralmente significa “strano”, ad indicare il senso di ubriachezza che regalava il suo consumo, di però cui non si conosceva la ragione.
Oggi rappresenta molto più di questo, ma andiamo con ordine.
Partiamo con il dire che l’odore non particolarmente forte e il gusto delicato tendente al dolciastro, rendono il sake una bevanda molto apprezzato dalla gran parte delle persone. Ne esistono molte tipologie che grazie all’aggiunta di alcol distillato hanno gradazioni molto più alte, oppure che si ottengono miscelando ingredienti aggiuntivi oltre al semplice riso e malto, come ad esempio quello di prugna e di albicocca per creare nuovi gusti. Una delle differenze principali tra le varietà deriva dal tipo di chicco di riso usato: i sake “ginjō” si ottengono da chicchi di riso polimentato “seimai” a cui sia stato asportato circa il 40% della superficie esterna lasciato fermentare a lungo a basse temperature; “daiginjō” si producono con chicchi di riso ancora più raffinati, ripuliti dal 50% dello strato esterno; “junmai”, infine, si ottengono dalla semplice fermentazione di chicchi di riso semplici. Ognuna delle tipologie poi si suddivide in ulteriori sotto categorie a seconda dei tempi di fermentazione, dalla temperatura durante la fermentazione, dalla quantità di acqua usata, dalla pastorizzazione, dalla provenienza dei vari ingredienti, dal legno usato per le botti e dal metodo di filtraggio.
Come si ottiene il sakè?
Innanzitutto il riso: per fare il sake viene usato un genere particolare chiamato sakamai mentre non si usa l’hanmai, ovvero il normale riso da tavola giapponese. Il riso sakamai ha dei chicchi più morbidi e grandi rispetto all’hanmai, permettendo di assorbire più acqua.
L’acqua costituisce l’80% del sake, la sua qualità è quindi importantissima perché contribuisce a definirne il gusto finale. Fortunatamente l’acqua giapponese è estremamente dolce e povera di minerali, permettendo la produzione di buon sake in ogni regione del paese.
Il fungo koji (Aspergillus oryzae) è fondamentale per la produzione del sake: serve a preparare il riso alla fermentazione trasformando l’amido in zuccheri semplici. Il fungo koji esiste naturalmente in tre varianti: bianca, gialla e nera. Per produrre si utilizza la variante gialla in quanto conferisce dei sapori fruttati e non rilascia colore: è quindi fondamentale in tutti i processi di fermentazione.
I lieviti sono naturalmente presenti nell’aria e anticamente non venivano aggiunti manualmente al processo. Come per il vino, con gli anni si è proceduto a selezionare specifici lieviti per controllare la produzione e per ottenere particolari aromi e sentori. Uno dei più usati è il Saccharomyces cerevisiae, apprezzato per la sua capacità di fermentare a basse temperature e per le note olfattive che dona al sakè.
Il primo Sake risale a millenni fa, dopo che il riso umido, fermentato per azione della muffa che si creava, veniva mescolato con castagne, miglio e ghiande per mezzo di un procedimento che ha del sorprendente: veniva masticato, ma tranquilli come abbiamo appena visto, oggi non funziona più così.
Come si beve?
In Giappone il Sakè viene servito durante i pasti in sostituzione al vino insieme a del sushi o sashimi (tant’è che lo si consuma proprio durante i pasti) ma anche come prodotto senza alcun accompagnamento culinario, solo per il piacere di berlo. Mentre nel resto del mondo i superalcolici sono apprezzati da tutti, nella cultura nipponica il Sakè è la bevanda con il maggior tasso alcolico che tocca fino ai 16%, un po’ meno di una bottiglia di Barbera. Al contrario di un bicchiere di vino però, il sake ha sempre un sapore delicato e non sovrasta mail il sapore di ciò si mangia. Si può accompagnare qualunque piatto con del sake, perchè riuscirà sempre a supportare e ad esaltare la pietanza.
I sakè più pregiati vengono serviti appositamente a temperatura freddissima ma sorseggiare del sakè caldo accompagnato a piatti bollenti non è una brutta idea per fronteggiare gli inverni rigidi.
Per scegliere la temperatura bisogna basarsi sul tipo di sake e sulla stagione. Quindi è importante sapere se il sake sia più o meno fruttato, se siamo in estate o in inverno, cosa ci mangiamo insieme e, soprattutto, quali sono le nostre preferenze personali.
Sapete che i Giapponesi hanno tradizioni per tutto, quindi se vi trovate a servire sakè ricordate di non appoggiarlo sul tavolo ma di consegnarlo rigorosamente su due mani al commensale: una mano sul fondo e l’altra al lato del bicchiere.
Il Sake conquista il mondo
Dal 2006 l’esportazione di sake non si è più fermata: con il numero di ristoranti giapponesi, cinesi e fusion in continuo aumento e sempre più apprezzati da tutti, ha conosciuto un costante aumento e nel 2016 ha superato per la prima volta i 200mila ettolitri. Ma con il consumo cresce anche la qualità e lo studio di nuove varianti che alzano sempre più la richiesta di questo prodotto.
Se volete davvero rendere onore alla tradizione secolare del sake, sceglietene uno puro, senza aggiunte, ma se è uno di quei momenti che devono essere ricordati, allora la scelta è d’obbligo: il tokutei meishoshu, cioè il “sake
Dove trovare il sake?
Nelle principali città italiane sono nati addirittura dei veri e propri Izakaya, locali simili alle osterie italiane o ai pub britannici: sono locali popolari e relativamente poco costosi, dove si bevono sake e birra dopo il lavoro, che potete riconoscere dalle lanterne rosse di carta che tradizionalmente si trovano al loro ingresso.
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