L’estate è arrivata – e si fa sentire – e con lei la voglia di vacanze, di mare e soprattutto di buon cibo da condividere nelle calde giornate in compagnia di famigliari e amici.
Ora, immaginatevi per un attimo di essere in una cittadina costiera, in qualche regione del Mediterraneo, passeggiando nelle strade che danno sul mare; da una parte il rumore delle onde, dall’altra un susseguirsi di ristorantini con tavoli imbanditi, occupati da affamati turisti che sorseggiando un calice, aspettando che il cameriere serva loro un piatto di spaghetti allo scoglio o di linguine all’astice, dai colori vivaci e dall’aspetto invitante. Non è forse vero che, tra i piatti più richiesti nei ristoranti specializzati nella cucina di pesce, quello con l’astice, servito con un morbido risotto o con i tradizionali paccheri, è tra i più gettonati (oltre che più cari)?
Quel delizioso crostaceo di acqua di mare, un po’ complicato da mangiare senza “sporcarsi le mani”, che richiede un po’ di destrezza con posate e arnesi appositi per poter giungere al cuore della sua morbida polpa, ma che non lascia mai delusi i commensali, viene spesso confuso con l’aragosta, suo simile, un po’ come succede con mazzancolle e gamberetti, con orata e branzino.
Tuttavia, da intenditori o semplicemente patiti del ricco ensemble di prodotti ittici, pesci, molluschi e – se avete letto i precedenti articoli, sicuramente anche dei crostacei – quali siamo, noi e tutti voi, vogliamo, anche questa volta, fare un po’ più di chiarezza.
E quindi, astice o aragosta?
Ciò che accomuna questi due cibi pregiati e, prima ancora, animali, è l’appartenenza al subphylum (sinonimo di “gruppo” nel linguaggio della scienza) dei già citati crostacei; scendendo verso il basso nel loro albero genealogico, passando per l’”ordine” dei decapodi, i rami di astici e aragoste si separano a livello della “famiglia”, poiché i primi appartengono a quella degli astacidei, mentre le aragoste a quella dei palinuri.
Per distinguerli, in realtà, basta la vista d’occhio: l’astice è l’unico esemplare dotato di grosse chele sugli arti, mentre l’aragosta è riconoscibile per la presenza di due antenne molto lunghe. Le chele permettono all’astice di difendersi e predare, funzioni che, per le aragoste, sono invece svolte dallo spinoso carapace e dalle antenne, usate per rilevare il movimento di palpabili prede.
Sono entrambi dei crostacei dalle grosse dimensioni, che variano dai 20 ai 60 cm, per un peso che può raggiungere un massimo di 8kg (record raggiunto dall’aragosta, che per tale ragione viene chiamata aragosta gigante).
Il loro habitat naturale è il fondale marino, e gli incavi tra rocce e sassi collocati tra i 15 e i 200 metri sono il loro ambiente preferito per nascondersi, riprodursi e procacciarsi cibo: sono ghiotti di piccoli crostacei, ma anche spugne e vermicelli marini. Si possono trovare comunemente nel Mare del Nord e nell’Oceano Atlantico, ma le aragoste popolano anche buona parte del mar Mediterraneo, che risulta invece poco ospitale per gli astici.
Cosa dice la tradizione?
La tradizione culinaria vuole che aragoste e i loro parenti vengano cotti e serviti con il carapace ancora presente, e che vengano consumati soprattutto in occasioni ricercate, più di quanto avvenga con frutti di mare, molluschi o altri conosciuti piatti di pesce. Complice, verosimilmente, la loro relativa rarità. L’aragosta è più pregiata e costosa dell’astice, perché è una specie protetta: ne si vieta la pesca delle femmine gravide, per scongiurare il rischio di un eccessivo assottigliamento della specie e favorirne la riproduzione.
Notate bene: quei grossi crostacei color rosso vivo che vedete nei piatti, fluttuanti sopra le teste dei commensali accomodati ai tavoli di quei ristorantini, in riva al mare o nel centro delle città portuali, portati con disinvoltura su un palmo di mano dai camerieri, sono sempre dei gustosi astici! Perché non delle aragoste – direte voi? Proprio perché l’altro tratto distintivo di questa famiglia di decapodi è la colorazione rosso intenso che acquisisce il loro carapace dopo adeguata cottura!
Quand’è ancora vivo, invece, questo animale presenta un colore marrone scuro, con macchie giallognole sul ventre o chiazze blu sul dorso; è così che potreste vederlo negli acquari da esposizione dei ristoranti o sui banchi di pesce fresco dei supermercati, ma è sempre lui il protagonista del succulento piatto color rosso che vi verrà servito quando ordinate dei “tagliolini all’astice” o un “cocktail di astice”, o che negli Stati Uniti, specie al mercato Quincy Market di Boston, vedreste racchiuso tra due corpose fette di pane, che porta il nome di “lobster roll” (involtino di astice).
La più ricercata aragosta, invece, è di colore arancione tendente al rossiccio, ha delle tonalità decisamente più chiare, che rimandano al suo sapore più delicato e dolce. Anche la sua polpa è più morbida, quasi scioglievole in bocca, per questo più apprezzata del compagno astice, la cui carne è più dura. Tuttavia, il sapore più deciso dell’astice gli conferisce un grosso vanto, per chi apprezza piatti dal gusto intenso.
Un aspetto importante circa l’impiego di questi crostacei come ingrediente in cucina riguarda la loro conservazione. Bisogna tener presente che, nonostante non vi siano norme nazionali o comunitarie inerenti la conservazione dei crostacei, ristoratori e titolari di pescheria devono attenersi ai regolamenti degli enti locali (regioni e/o comuni di appartenenza), ciascuno dei quali stabilisce specifiche disposizioni, la maggior parte delle quali sono state adottate nella tutela del benessere animale.
Una recente sentenza della Cassazione del 2017 ha dichiarato sanzionabile penalmente la detenzione di crostacei vivi con chele immobilizzate, in cella frigorifera o sul letto di ghiaccio (che toccano, rispettivamente, la temperatura di +4°C e 0°C), comportamenti equiparabili al maltrattamento di animali, quali esseri senzienti capaci di provare dolore.
Invece, il metodo di cottura che prevede l’immersione di astici e aragoste in acqua bollente quando ancora vive, non è soggetta a penale da parte della giurisdizione italiana. Per evitare di provocare tale sofferenza all’animale, molti ristoranti, in ottica etica, adottano la pratica di sopprimerlo prima di cucinarlo, mediante distruzione meccanica del cervello o elettroshock.
Per di più, i crostacei possono invece essere mantenuti solo per breve tempo negli acquari espositivi dei ristoranti e pescherie, a una temperatura e livello di ossigenazione controllati, purché non vengano ivi rinchiusi per tempi prolungati, nutriti e allevati.
Come cucinare queste prelibatezze?
Il modo più diffuso per cuocere astici e aragoste è la bollitura, per la quale sono necessari circa 20 minuti per ogni kg, nel caso in cui il prodotto sia fresco; al contrario, se l’alimento è congelato, sono necessari 30 minuti di immersione in acqua tiepida prima di procedere alla preparazione.
Tecnica altrettanto comune è la cottura alla griglia, che deve avvenire rigorosamente su brace a temperatura costante (non su fuoco vivo!), per una decina di minuti (sui ricettari viene indicato di posizionare il crostaceo “a pancia in su” e di praticare un’incisione sul ventre, per favorirne la cottura all’interno).
Per essere sicuri ed evitare che la polpa assuma una consistenza spiacevolmente elastica, per via di un’eccessiva cottura, si guarda il colore del carapace, tecnica efficace in particolare per l’astice: quando questo passa dalla tonalità marrone scuro ad una colorazione rossiccia, significa che la polpa, all’interno, è quasi giunta a completa cottura.
Lasciamo ai più bravi cuochi il talento del riconoscere il momento esatto in cui estrarre il crostaceo dalla pentola ed impiattarlo; lasciamo agli chef anche la facoltà di stabilire quale, tra aragoste e astici, è più indicato per quale abbinamento di sapore e per quale alimento.
Invitiamo però chiunque se la senta a commentare per darci dei suggerimenti di qualche ricetta ben riuscita, che sappia risaltare la tenera consistenza dell’aragosta o il sapore marcato dell’astice.
Il nostro team Q-Eat, indissolubilmente legato al ricco, fresco e pregiato mondo del sushi, non può che suggerirvi di provare la bontà di una delle tante ricette offerte nei migliori ristoranti di crudo di pesce, quella che utilizza la polpa d’astice come ripieno di un delizioso Uramaki, arricchito di alga nori, salsa wasabi, avocado e carote o foglie di lattuga.
Vi abbiamo fatto venir voglia di una fresca insalata di aragosta o di un morbido risotto all’astice? In questo caso, unitevi a noi, sulla nostra app Q-Eat, alla ricerca del miglior ristorante che offra, oggi stesso, portate di aragosta o astice freschi, che ora sapreste distinguere con disinvoltura!